La donna sedotta e abbandonata per antonomasia è la Regina Didone, la cui vicenda, cantata da Virgilio nel IV libro dell ’ Eneide, ha affascinato e commosso intere generazioni, suscitando forti e contrastanti sent imenti. Nella seconda metà del Seicento, il più grande musicista inglese di tutti i tempi, Henry Purcell (1659? - 1695), nella sua luminosa e purtroppo brevissima vicenda umana, scrisse musiche di vario genere (sacre, strumentali, vocali). Nel 1689 compo s e p er J.Priest, maestro di danza e coreografo, direttore della scuola per giovinette "Young Gentlewomen" a Chelsea , il suo capolavoro: Dido and Aeneas. La prima rappresentazione, su libretto di N. Tate basato proprio sui versi di Virgilio, venne eseguita da lle stesse alunne del collegio. Si tratta del più fulgido esempio di ‘opera da camera’ del teatro musicale non in lingua italiana di tutti i tempi. La sua formidabile sintesi drammatica – l’intera pièce dura poco più di un’ora - , il suo incedere melodicame nte raffinato, la felice ispirazione dei suoi passi strumentali, rappresentano un ’ eccellenza del comporre di rara bellezza. Musicalmente, l’opera si caratterizza, o ltre che per le splendide arie che si avvicinano spesso ai canti popolari inglesi, per l’uso della forma detta di ‘ passacaglia ’ . Essa consiste in una serie di variazioni, in r itmo ternario e d’andamento moderato, su un basso ostinato, che si ripete cioè costantemente uguale a se stesso. Questo consente di creare diversità espressive su un motivo che, rimanendo immutabile, diventa filo conduttore nel dipanarsi della vicenda. I l recitativo è un altro dei momenti più significativi dell’opera , caratterizzandola nella sua dimensione aperta. È controversa la presenza, nell’originale, di danze. La parte di Didone è per mezzosoprano, quella di Enea per tenore. Per soprano è invece l’importante ruolo di Belinda (in origine Anna) sorella della sovrana . La vena drammaturgica assoluta di Purcell riesce a dare a questa sublime musica pari dignità estetica della tragedia. La donna prudente, trascinata nel vortice della passione quasi suo malgrado, è sedotta e abbandonata da un uomo che non può – e comunque intimamente non vuole – deviare dal percorso predestinatogli dal fato, per cui tutto il resto diventa brutal mente sacrificabile. Nella divisione in sei ‘quadri’ dell’opera spicca la presentazione dell’eroe alla sovrana , scena lussureggiante con la sua magnifica evocazione di Cupido ed il successivo annuncio a vette e valli, boschi e fonti, del trionfo dell’amor e , luoghi ringraziati poi , in un’altra famosa scena , per i doni della magnifica caccia, auspice Diana, coi protagonisti uniti nell’amore. Ma il male in agguato – la maga che ordisce la trama del falso ordine di Giove ad Enea di salpare e abbandonare la Regi na ed il precipitare degli eventi fino alla partenza dell’eroe – sfocia nella celeberrima scena del tremendo dolore di Didone che, rivolgendosi alla sorella Belinda , intona un canto funebre tra i più struggenti della storia della musica, invocando gli dei di proteggere Enea dalle avversità. "Remember me..." ripete questa donna straordinaria che muore d’amore, chiede ndo che venga invece dimentica to il suo tragico destino. L’ amore vero consumato fino allo spegnersi della vita. Nella sublime ‘operina’ di Henry Purcell, la sua vena compositiva coglie uno dei frutti più intensamente ‘sentimentali’ di sempre , senza indulgere in prolissità e retoriche banalità. Un gioiello che rifulge ancora dopo tanti secoli.
Paolo Brecciaroli (Riproduzione vietata)